Una brutta storia di autismo a scuola

C’è una scuola media, nel Vicentino, in cui s’è consumata una «favola nera» che ha avuto per protagonista Michele, un ragazzino di 15 anni che soffre di autismo. Un adolescente disabile che – probabilmente per almeno sei mesi – senza mai ribellarsi ha subito insulti, botte e umiliazioni dalle persone che avrebbero dovuto proteggerlo e aiutarlo: la sua insegnante di sostegno e un’assistente sociale di una cooperativa che lavora per l’Usl.

Vicenza  — In ogni favola che si rispetti c’è una strega cattiva, un bambino che ha paura e un eroe che corre a salvarlo. Ma nella vita vera, purtroppo, le streghe possono essere due. E allora l’eroe, invece del mantello, deve indossare una giacca elegante che nasconde una pistola e, nel taschino, il distintivo dell’Arma. C’è una scuola media, nel Vicentino, in cui s’è consumata una «favola nera» che ha avuto per protagonista Michele, un ragazzino di 15 anni che soffre di autismo. Un adolescente disabile che – probabilmente per almeno sei mesi – senza mai ribellarsi ha subito insulti, botte e umiliazioni dalle persone che avrebbero dovuto proteggerlo e aiutarlo: la sua insegnante di sostegno e un’assistente sociale di una cooperativa che lavora per l’Usl. Un incubo durato fino all’8 aprile, quando i carabinieri hanno arrestato la professoressa Maria Pia Piron, 59 anni, e Oriana Montesin, di 55. Le manette sono scattate dopo che i militari hanno piazzato una telecamera nascosta nella stanza in cui Michele faceva lezione assistito dalle due donne. Per quattro giorni, l’occhio elettronico nascosto vicino a un termosifone ha ripreso gli abusi. E così la favola triste è diventata un film dell’orrore. Immagini che provocano rabbia e disgusto. E alla fine ci si chiede come sia possibile spingersi così in basso.

Il primo giorno Le riprese iniziano il 3 aprile. La scena è la stessa che si ripeterà anche nei giorni seguenti. Michele è seduto a una scrivania, in mano un pennarello con il quale scarabocchia un quaderno. Non strilla e non reagisce. Neppure quando l’assistente sociale gli si avvicina e lo strattona tirandolo per i capelli e le orecchie. Poi la Montesin torna a sedersi. Ma la tregua dura pochi minuti, la si vede afferrare qualcosa e avvicinarsi nuovamente al ragazzino con in mano un righello con il quale lo percuote al capo e al volto. Lo costringe a restare in piedi, poi a inginocchiarsi. E Michele sempre zitto, buono. È terrorizzato: appena una delle due donne muove qualche passo, porta le mani davanti al volto per proteggersi. Alle 11 arriva anche la Piron che sferra un calcio al ragazzo. «È proprio un toso che te istega» («È un ragazzo che ti istiga»), spiega alla collega.

Il secondo giorno Il 4 aprile, alle 8,37 del mattino, la telecamera mostra l’insegnante che minaccia di colpire Michele con «un calcio in culo». La Montesin, invece, quel giorno è in vena di insulti e così urla a Michele che è «un luamaro» (letamaio, ndr), «un asino». Anche lei prima lo minaccia e poi lo colpisce alla nuca con una bacchetta e con delle forbici e gli sferra dei calci alle gambe.

Il terzo giorno Il 5 aprile è una giornata fortunata per Michele. Se ne rimane nella stanza con l’assistente sociale ma per tutta la mattinata c’è un continuo viavai di persone che – sottolineano gli inquirenti – «probabilmente ha impedito all’indagata di esprimersi liberamente». E così la donna si limita a minacciare il ragazzo di schiaffeggiarlo e di dargli un pugno.

Il quarto giorno L’8 aprile è un lunedì che nessuno dei protagonisti di questa brutta storia scorderà mai. È l’ultimo giorno di riprese, ma prima del lieto fine c’è ancora spazio per la violenza. Le due sembrano scatenate. Piron inizia a infierire fin dalle 8 del mattino. «Ti spacco la testa, porcone animale… Ti spacco il naso!». Lui, terrorizzato, si fa i bisogni addosso e lei dà di matto. «Hai finito animale! Sei un animale! Puttana di un porco!». A quel punto prende un fazzoletto imbevuto di un detergente per i mobili (il «Brillalcol» annotano con fredda precisione gli investigatori) e lo utilizza per pulire il volto del ragazzo. La stessa cosa, un’ora più tardi, la farà l’assistente sociale. Alle 10, come se all’orrore non ci fosse fine, nella stanza entra la bidella Luciana Scottà (che poi sarà denunciata a piede libero) che davanti alla Montesin percuote più volte Michele. E commenta: «Il ragazzo è un vegetale!».

La liberazione Alle 10,34 la violenza raggiunge un livello inaccettabile: il video mostra l’assistente sociale che lo colpisce alla testa e al collo con un paio di forbici. A quel punto, con Michele che verrà trovato con gli abiti intrisi di feci e urina, neppure i carabinieri riescono a trattenersi. Nelle immagini si scorgono le maestre alzarsi e uscire dalla stanza. Poco dopo entra un uomo in abiti eleganti, il volto non è mai inquadrato. Posa una mano sulla spalla del ragazzo, come a dirgli «È tutto finito» e ordina alle donne di sedersi. Alza la voce. Il tono è sprezzante. Una di loro fa per chiedere spiegazioni e lui infila la mano nella giacca ed estrae il tesserino. Le parole che pronuncia suscitano una gioia indescrivibile. Chiunque veda quei filmati terribili, trascorre ore sentendosi soffocare dall’ansia di sapere che da un momento all’altro può tornare la violenza contro un ragazzino indifeso. E all’improvviso si ritrova ad esultare sentendo quell’uomo senza volto dire: «Sono un carabiniere. Michele adesso viene via con me».

A due mesi di distanza dai fatti, il ragazzino (tutelato dall’avvocato Fernando Cogolato) non ha più rimesso piede a scuola. Sia Oriana Montesin (legali Balasso e Sambugaro) che Maria Pia Piron (avvocati Pelloso e Veccia) hanno appena ottenuto gl arresti domiciliari dopo aver versato ciascuna 10mila euro di risarcimento. Il pm ha chiesto il giudizio immediato. Una di loro si è giustificata spiegando: «Ero molto stressata».

dal Corriere del Veneto

12 giugno 2013

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